Una società progetta il proprio futuro sostenendo anche la procreazione,
l'educazione dei figli e la famiglia, ovvero garantendo la flessibilità del
tempo di lavoro.
Garantire il lavoro per sconfiggere la discriminazione
In Italia procreazione è ancora oggi sinonimo di discriminazione nelle aziende.
In questo periodo di flessibilità a senso unico, la legge sulla maternità
rappresenta l'unico baluardo, almeno sulla carta, dei diritti per la procreazione e
l'adozione.
Per sconfiggere l'inciviltà di chi calpesta questi diritti occorre ampliare
le garanzie.
GIORGIA 31 anni
Prima gravidanza, da tre anni opera per assistenza clienti in una grande azienda di
trasporti internazionali, chiede il part-time, ma glielo accorderebbero solo in orario
17-21 e spostandola in magazzino, con una mansione che tutti evitano.
CHIARA 34 anni
Part-time con ‘clausole elastiche’; al rientro dalla maternità chiede un
orario fisso compatibile con la cura del bimbo; l’azienda non è disponibile.
Deve lasciare il lavoro: con la legge 30 non è piú ammesso recedere dalle
‘clausole elastiche’.
RAFFAELLA 36 anni
Alla seconda maternità, da undici anni lavora in uno studio dentistico; per
“esigenze di lavoro†le viene rifiutato un part-time in orari compatibili con la
cura dei figli. La lavoratrice, non riuscendo a sostenere la prova di forza, decide
di dimettersi. Il dentista assume un part-time, con orario da lui determinato, per
rimpiazzarla.
Priorità alle esigenze di flessibilità di lavoratrici/ori
E’ necessario prevedere l'obbligo alla concessione del part-time, su richiesta di
lavoratrice/ore-madre/padre, a parità di mansioni.
Almeno entro i primi 6 anni del bambino, occorre sospendere eventuali "clausole
flessibili" del part-time del genitore.
Queste appaiono le sole garanzie di priorità alle esigenze di flessibilità
di lavoratrici/ori rispetto a quelle dell'azienda, priorità peraltro già
considerata centrale dall’art.9 legge 53/2000.